Norma, misticismo in scena

15 OTTOBRE 11 / Sardies.org

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Sassari - Le cronache raccontano che la prima rappresentazione, nel giorno di Santo Stefano del 1831, al Teatro alla Scala, fu un fiasco clamoroso. Un passo falso per un giovane compositore – ma all´epoca trent´anni erano sinonimo di maturità, sicuramente nel campo della musica e dell´arte – apprezzato per le sue precedenti opere. Come per altri capolavori della lirica solo il tempo ha assicurato alla "Norma", tragedia lirica in due atti, il posto che le spetta ai vertici della storia della musica. Vincenzo Bellini, compositore trentenne catanese, era reduce, al Teatro alla Scala, da due ottimi successi: "Il pirata" (1827) e "La straniera" (1829). "Norma", composta in meno di tre mesi, dall´inizio di settembre alla fine di novembre, fu innovativa non solo sul piano del tessuto musicale volto soprattutto ad accompagnare la voce dei cantanti, ma anche per l´assenza di un passaggio fondamentale nella struttura dell´opera, il concertato del primo atto. Proprio la sua mancanza e la sostituzione con un terzetto, viene ritenuta una delle cause dell´iniziale insuccesso. Anche se è più probabile che, come tante altre volte nella storia della lirica, questo fa preparato a tavolino, con la presenza a teatro di una claque avversa a Bellini e alla protagonista, il celebre soprano Giuditta Pasta. Ci sono anche altre novità nella "Norma" belliniana: l´esaltazione del ruolo principale, che domina tutta l´opera; la seconda voce femminile che non ha nessuna aria solista; un antagonista, che poi è il protagonista maschile, relegato quasi in secondo piano.
Il libretto, preparato da Felice Romani, riprende la tragedia di Alexandre Soumet "Norma, ossia L´infanticidio", andata in scena a Parigi nell´aprile sempre del 1831, e in parte si rifà alla trama di Medea. In "Norma" c´è un duplice tradimento: la sacerdotessa dei Galli che tradisce il suo popolo e il suo amante, il proconsole romano, Pollione, che tradisce lei con l´amica Adalgisa, quest´ultima all´oscuro della relazione e dei due figli, che nella versione di Romani non sono uccisi. Ma c´è anche un elemento di sovvertimento dell´ordine costituito, con il popolo che si ribella ai dominatori su istigazione, tra l´altro, della stessa Norma, che vuole così vendicarsi del tradimento, provocando la morte anche della rivale in amore. Mentre però sta per fare il nome di Adalgisa quale vittima sacrificale si blocca e fa il proprio. Confessa così la colpa personale e si condanna al rogo, insieme a Pollione che, sorpreso e pieno di ammirazione, decide di morire con lei.

A Sassari "Norma" mancava da dieci anni. Era il 2001 quando fu portata in scena da Massimo Gasparon, con la parte di Norma affidata al soprano Maria Dragoni, napoletana vincitrice del premio speciale "Maria Callas" al concorso "Vincenzo Bellini" nel 1983. Alla direzione dell´orchestra c´era Massimiliano Carraro. Venerdì sera (14 ottobre) l´Ente Concerti Marialisa De Carolis ha aperto la stagione 2011 con il capolavoro belliniano interpretato da un cast giovane, ma non per questo poco esperto. A cominciare dalla protagonista, il soprano Maria Billeri, nel ruolo si è già distinta nel 2009 a Pisa e a Como, interpretando, in differenti riprese, sia Norma che Adalgisa. Difficile non fare un confronto con Maria Callas, soprattutto per la cavatina "Casta Diva". Il soprano greco entrò nel mito anche per la sua superba interpretazione del brano. Ma di altissimo livello furono anche le esecuzioni dell´australiana Joan Sutherland e della catalana Monserrat Caballè. La Billeri, voce potente e limpida, a Sassari se l´è cavata egregiamente, anche se forse in certi passaggi del primo atto è stata troppo scontata. Ma complessivamente la sua performance è stata di alto livello, strappando un´ovazione al termine della rappresentazione. Ben riusciti i duetti con il mezzosoprano Veronica Simeoni (Adalgisa), soprattutto all´inizio del secondo atto. Bene anche il tenore Lorenzo Decaro (Pollione), il basso Dario Russo (Oroveso), il soprano Lavinia Bini (Clotilde) e il tenore Matteo Falcier (Flavio). Scattante e ottimamente calibrata la direzione orchestrale dello spagnolo Sergio Alapont, che ha rispettato la tradizione esecutiva dell´opera (e infatti Adalgisa era interpretata da un mezzosoprano secondo prassi consolidata e non da un soprano come previsto dallo stesso Bellini). Plauso anche per la Polifonica Santa Cecilia, diretta da Gabriele Verdinelli.

Qualche appunto alla regia di Andrea Cigni (e un civile e controllato accenno di "mugugni" si è avuto durante gli applausi finali). Convincente la scenografia concepita da Dario Gessati, minimalista al punto giusto, a metà strada tra il peplum degli anni ´50 e le "macchine" di legno di Luca Ronconi per l´Orlando Furioso. L´atmosfera religiosa solenne, il grande misticismo dei druidi, c´erano tutti. Qualche perplessità sui costumi di Simona Morresi. A parte i pantaloni e gli stivaloni calcati dai romani, la presenza dei galli, soprattutto i guerrieri, richiamava alcune atmosfere horror dei film di George Romero (gli zombie postatomici anni ´70), con il falcetto brandito dai galli, strumento di morte mai però utilizzato (i romani aveva invece la classica daga). E rimanendo in ambito cinematografico le luci bianche (il disegno luci è stato curato da Valerio Tiberi) che a più riprese hanno illuminato i volti di Norma, Aldalgisa e Pollione sembravano rimandare a certi effetti dell´espressionismo tedesco degli anni ´20. Ben studiati infine alcuni movimenti di scena (forse troppo lungo il cambio a metà del primo atto), seppure ridotti all´osso, sino allo spettacolare effetto finale delle fiamme (vere, direttamente sul palcoscenico), che hanno chiuso la rappresentazione quasi simulando la calata del sipario.

Si replica domenica 16 ottobre alle 16,30 e martedì 18 alle 20,30.



TRAMA
L´opera è ambientata nelle Gallie, all´epoca dell´Antica Roma. La sacerdotessa Norma, del tempio di Irminsul, figlia del capo dei Druidi Oroveso, è stata l´amante segreta del proconsole Pollione, dal quale ha avuto due figli, custoditi dalla fedele Clotilde. Il proconsole però si è innamorato di Adalgisa, novizia del tempio di Irminsul, e ha deciso di lasciare Norma che però scopre tutto. La sacerdotessa prima decide di vendicarsi uccidendo i figli e poi suicidandosi, ma viene convinta a ritornare sui propri passi da Adalgisa che promette di convincere Pollione a tornare da lei. Questo non accadrà. Norma allora chiama i Galli a raccolta e proclama guerra ai Romani. Sta per pronunciare il nome della vittima sacrificale da immolare al dio, quando giunge notizia che un romano è penetrato nel chiostro: è Pollione, venuto a rapire Adalgisa. Norma sta per colpirlo con un pugnale, ma poi si ferma, invita tutti ad uscire col pretesto di interrogarlo e, sola con Pollione, gli offre la vita purché egli abbandoni Adalgisa. L´uomo rifiuta e Norma chiama i suoi a raccolta; ha deciso quale sarà la vittima sacrificale: una sacerdotessa che ha infranto i sacri voti e tradito la patria. Sta per pronunciare il nome di Adalgisa, quando si rende conto che la colpa di Adalgisa è la sua e, nello sbigottimento generale, pronuncia il proprio nome. Commosso, Pollione comprende la grandezza di Norma e decide di morire con lei. In segreto, Norma confida ad Oroveso di essere madre e lo supplica di prendersi cura dei bambini, affinché possano salvarsi, raggiungendo Roma insieme a Clotilde. Quindi sale sul rogo con l´uomo amato.



di Luca Foddai

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L'opera

Norma

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